Stenografia deriva dal greco stenos (stretto) e grafè (scrittura). È proprio nel senso di scrittura ristretta, strozzata, che il termine “stenografia” si distingue dagli altri nomi assegnati nel tempo alla scrittura veloce (tachigrafia, brachigrafia, ecc.) dei quali rappresenta un perfezionamento concettuale; esso pone l’accento, infatti, sull’ arditissima operazione “chirurgica” a cui vengono assoggettati gli stenogrammi nello sforzo di ridurne il tracciato alla minima unità grafica utile al loro riconoscimento. Come abbiamo detto, infatti, ciascun metodo stenografico non si limita a dare le indicazioni per l’abbreviazione dei singoli segni alfabetici che compongono le parole, ma suggerisce come intervenire di volta in volta per scavare all’ interno di queste e ricavarne il “quid” identificativo in rapporto sia agli elementi originari e strutturali che le connotano, sia al contesto del discorso di cui fanno parte. La velocità, poi, sarà il dato consequenziale di questa operazione che, prima di ogni altra cosa, è attività di pensiero tesa ad acquisire la forma mentis di un fecondo, costante interscambio, fra i procedimenti intellettivi dell’ analisi e della sintesi.
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